Fu la denominazione data dai Calcidesi alla zona, e Aberula, derivata da Aper, cinghiale, l’altra possibile origine dell’attuale nome, Avella, in provincia di Avellino.
E’ addossata ai monti del Partenio ed è attraversata dal fiume Clanis; è avvolta da lussureggianti campagne ed è dominata dai resti di un poderoso castello; nasconde spettacolari vestigia romane e conserva i resti di un antico platano dal tronco di 15 metri di circonferenza che quattrocento anni fa venne piantato nei giardini del Palazzo Ducale dei Colonna. I corsi d’acqua si insinuano fra le gravine e gli orridi delle gole del Sorrencello e l’eco del vento si ode nella grotta degli Sportiglioni e in quella delle Camerelle.
Sorprenderà poi la panoramica strada che conduce al Campo di Summonte, da dove con lo sguardo si raggiungeranno Punta Licosa e l’isola di Ponza, il massiccio della Maiella e la valle del Vùlture. Ed è tutto da scoprire, come in una caccia al tesoro; nulla è indicato, niente è istantaneamente visibile, tranne il vecchio castello che si erge tra ginestre, le agavi e gli ulivi.
Ma ciò che renderà ancora più strabiliante ed entusiasmante la passeggiata in questi luoghi saranno le camminate attraverso le floride piantagioni di nocciole, l’incontro con le mandrie di bufali, abilmente controllate da cavalieri, lungo i sentieri che si snodano nella valle delle Fontanelle, la vista dei volteggi che i corvi e gli sparvieri compiono nelle gole dei Monti di Avella. Salendo poi in quota fra i castagneti e i lecceti, ed attraversando boschi di faggio si giungerà in un ambiente incontaminato; la morfologia della regione e l’inaccessibilità di alcune zone erano condizioni ideali per il lupo ed il cinghiale, purtroppo oggi estinti. Anche il tasso, la puzzola, la faina e la martora che popolano la zona corrono oggi il rischio di estinzione.
L’itinerario naturalistico è ben completato dalla possibilità di visita a cavità naturali di grande interesse: la grotta delle Camerelle di Pianura, profonda circa 150 metri offre lo spettacolo di ricche concrezioni e di imponenti formazioni colonnari mentre quella degli Sportiglioni, popolata da pipistrelli, che si sviluppa per quasi 250 metri rientra fra le prime dieci grotte regionali per interesse biospeleologico.
Ma c’è anche un’altra grotta, a circa 2 chilometri da Avella, seguendo il corso del fiume Clinio, nel Vallone delle Fontanelle: la grotta di San Michele, lunga 55 metri e profonda 5, utilizzata nell’antichità per riti religiosi come testimoniato dalla presenza di interessanti decorazioni pittoriche bizantineggianti, di mano popolare, databili anteriormente al 1300. E continuando a ritroso nel tempo ci giunge ampia testimonianza del periodo romano; caratteristica dell’epoca la struttura urbana a scacchiera; Avella venne costruita seguendo il principio dei cardi e dei decumani, i primi orientati lungo la direttrice nord-sud ed i secondi lungo quella est-ovest; il “decumano major”, oggi identificabile con il Corso Vittorio Emanuele conduce direttamente all’anfiteatro, a doppia arcata e con pianta ellittica, completamente nascosto dalle piantagioni di nocciole e le cui dimensioni lasciano chiaramente immaginare la grandezza che aveva la cittadina in quell’epoca.
Anche il ritrovamento lungo la via Popilia di 3 maestosi monumenti funerari risalenti al I sec. a.C. e perfettamente conservati, oltre ai resti dell’ acquedotto detto di “San Paolino” lungo il corso dell’alto Clanio sono fondamentale prova dell’ importanza assunta dall’antica Abella. E’ di qui il ritrovamento del “Cippus Abellanus”, un blocco di pietra con incisa in lingua osca l’attestazione di un accordo stipulato fra Nola ed Abella per l’utilizzo di un territorio comune sul quale sorgeva un santuario dedicato ad Ercole. Il “Cippus Abellanus”, del 150 a.C., ritrovato fra le rovine del Castello di Avella è attualmente conservato nel Seminario Vescovile di Nola.
Avella: vedi anche
Il Castello – oggi diroccato – che domina la cittadina era anticamente intitolato a San Michele protettore del popolo dei Longobardi, e fu costruito nel VII secolo per difendere i possedimenti dell’entroterra dai possibili attacchi dei bizantini che popolavano le città costiere; distrutto e poi ricostruito dai normanni, il maniero, con dodici torrette ed un impianto murario poligonale cingeva una vera e propria cittadella e venne lungamente abitato dai signori feudatari di Avella – i Del Balzo, gli Orsini, i Doria del Carretto. Rimase poi abbandonato dal 1371 al 1553 per essere quindi completamente ristrutturato ad opera di Pietro Spinelli, conte di Seminara; ma questa fu un’operazione dettata solo da motivi estetici perchè i signori di Avella avevano già trasferito la loro nuova dimora nel palazzo ducale al centro del paese.
A causa dei ripetuti attacchi perpetuati dai saraceni prima (nell’anno 883) e dagli ungheri dopo (nel x secolo), e a causa della “peste nera” e del terremoto del 1456, si ebbe un vero e proprio esodo dalla cittadina, con la nascita di molti casali sparsi, che nel tempo vennero fortificati e resi sicuri; la costruzione della chiesa in ogni borgo contribuì poi a favorire il processo di sviluppo e sopratutto di autonomia. La realizzazione del palazzo ducale lungo il “decumanus maior”, in posizione baricentrica rispetto ai vari borghi medievali fu studiata per ricostruire un tessuto urbano e per ridare un vero e proprio “centro” al paese; lungo il “decumanus” nell’ 800 vennero costruiti i palazzi padronali della borghesia nascente, che contriburono così alla valorizzazione della strada principale di Avella, oggi corso Vittorio Emanuele.
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