Pignola, visita al centro storico tra i portali di pietra

Basta fare una passeggiata tra i vicoli di Pignola per "sentire" le pietre "parlare". Pietre secolari, che custodiscono e rivelano una storia, da molti dimenticata, da tanti favoleggiata, da pochi rievocata.

Pignola
Pignola

Soprattutto le pietre dei portali di Pignola: parte integrante del paesaggio, testimoni e protagonisti di un’arte antica; monumento alla pazienza e alla perizia di maestri scalpellini che, alla pietra, hanno affidato il compito di tramandare la memoria. Una passeggiata su per i vicoli ripidi, che si inerpicano verso la Chiesa Madre, che ridiscendono verso stradine lastricate di pietra, che si fermano nella piazza sbilenca, in discesa, incorniciata dai palazzi nobiliari dai raffinati portali, ornati da mascheroni sapientemente scolpiti e da ringhiere di ferro finemente “ricamato”.

Sette chilometri da Potenza, circondata dai boschi, a pochi passi dalle stazioni sciistiche e da un’oasi faunistica, Pignola assiste, sorniona, all’evoluzione della sua storia. Rimane adagiata, da secoli, su un’altura, da cui, tra le montagne, domina il lago e “ammicca”, quasi in una sfida silenziosa, al capoluogo di regione. Una posizione che, già nell’800, “allietava chi rimirava tale spettacolo”, come scrisse nel suo resoconto Cesare Malpica, che, in viaggio verso Potenza, scorse per caso la sagoma di un paese circondato da monti e che, per un inganno ottico, gli sembrò molto esteso.

La piazza di Pignola quasi si incunea nei Palazzi, che la circondano; sembra essere un tutt’uno con le cariatidi dei Palazzi Gaeta e Padula: figure scimmiesche e figure umane, che reggono i balconi. Figure intere e volti, forse le espressioni della regina Giovanna La Pazza. Due leoni stanno a guardia del Palazzo Gaeta, in basso, ai piedi del portale. Le mensole hanno volti umani; all’interno: un atrio, ornato da stemmi e figure; uno scalone e le statue di tre musici, suonatori di flauto e cembalo, sorreggono la ringhiera, a ricordare, forse, un illustre musicista pignolese del ‘600: Scipione La Gorcia. Figure, che dall’immobilità della pietra, dalla fissità delle immagini sembrano animarsi. Ma è solo leggenda, è solo suggestione, tra immaginazione e realtà, tra favola e storia.
Si chiude con una figura umana l’arco del portale Padula; hanno sculture floreali le finestre di Palazzo Petrone; ha volti di bimbo, incorniciati in uno stile tipicamente barocco, il portale di Palazzo Pecoriello; è neoclassico, essenziale, adorno di due sole colonne doriche il portale di Palazzo Scavone, sormontato da uno stemma in pietra, che ritrae un leone, che impugna la lancia a tre stelle; cariatidi a forma di gattoni sorreggono i balconi; sul lato destro: un’edicola con l’immagine della Madonna.

La passeggiata nei vicoli di Pignola è accompagnata da queste figure. Continue. Su tutte le porte, piccole e grandi, ricche e povere. Sono oltre 150, originali nelle decorazioni, mai eccessivi, rigidamente geometrici. Si snodano l’uno dietro l’altro, a testimoniare quasi una gara di virtù tra botteghe artigiane; sicuramente una gara di magnificenza tra le famiglie più nobili. E, accanto ai portali: i mascheroni a cui legare gli animali. Spesso figure demoniache, utili contro il malocchio. Stesse figure sui batacchi dei portoni: forse ad esorcizzare l’invidia dei visitatori! Tradizioni, credenze, cultura, tra architettura, artigianato e storia nobiliare e contadina di Pignola.

Un portale barocco ha la Chiesa Madre. Ornato con elementi circolari e sporgenze in avanti, si chiude con un timpano aperto. Una monofora dà luce all’interno. Edificata nel 13° secolo in stile romanico, fu completata nel 1300 e interamente rifatta nel 1786 da Antonio Magri allievo di Vanvitelli. Il campanile, di Iacopo Trifoggiano da Stigliano, è ornato da sculture in pietra, che ritraggono volti umani, ma anche figure zoomorfe, ippogrifi, unicorni, coccodrilli, orsi e leoni, nel più puro stile medievale. Conserva opere pittoriche su legno di Giovanni de Gregorio, detto il Pietrafesa, che a Pignola visse molti anni e vi morì nel 1636. La leggenda vuole che il suo capo sia sepolto nel pilastro sinistro dell’altare maggiore.

Tutto comincia e ritorna alla piazza, alla gente, all’ospitalità, ai fiori di pietra sugli antichi palazzi e sull’alto campanile, che, da secoli, da lontano, segnala la presenza di una comunità.

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