All’epoca in cui in questo budello si vendevano le rane, l’Osteria del Sole a Bologna c’era già e si parla del 1465 e dintorni. Prima della scoperta dell’America.
Oggi, a indicarne l’esistenza è un’insegna spartana su cui campeggia una sola parola: vino. Entrando, lo sguardo cade sul banco a mezzaluna di destra, dietro il quale lavorano Luciano Spolaore, il titolare e sua moglie Daniela, su uno spazio rialzato con un tavolo che sta di fronte e sugli intonaci bruni per il fumo e gli anni.
Gli arredi sono quelli di inizi ‘900: panche, tavoloni in legno e sedie impagliate, qualche incisione alle pareti e un cartello dall’avviso perentorio.
E’ l’ora di pranzo e tutti si tuffano sui loro scartòz, cartocci di affettati, formaggi, tranci di tonno, insalate o semplice crescenta, la focaccia locale, da accompagnare con quel che la fornitissima cantina propone. Una delle particolarità del locale è proprio il fatto che qui si ordina solo vino, mentre cibo e stuzzichini si portano da fuori.
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Il proprietario ha fama di burbero, ma col passar degli anni e con il crescere dell’interesse per l’osteria è sempre più propenso a sorridere e a stringere mani. Per conquistarne la simpatia, è meglio non fare troppe domande, accomodarsi, ordinare un bicchiere o una bottiglia e lasciare che siano proprio questi a raccontare chi è Luciano Spolaore.
Un oste con la O maiuscola, che ha trascorso la vita tra questi muri color tabacco, facendo su e giù tra il banco di mescita e una cantina sterminata, che arriva a toccare le fondamenta dei Portici del Pavaglione, rivolti su Piazza Maggiore. Il vino lo conosce da quando aveva 8 anni e aiutava il padre a riempire le bottiglie. La sua è una clientela tra le più varie: gente del mercato, colletti bianchi, professionisti, gruppi di amici e anziani habitué, che non hanno perso il gusto della partita a carte e del buon bere.
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