Nei dintorni di Roma ci sono diverse attrazioni da fare in giornata. Ideale è noleggiare un’auto a Roma Fiumicino o in punti dedicati della capitale, per partire alla volta delle località dell’ampia area che circonda la “città eterna”. Tra questi punti di interesse ci sono: i resti dell’antica Ostia; il porto di Claudio, il Porto di Traiano, la Necropoli di Porto, la Basilica di Sant’Ippolito e il Museo delle Navi a Fiumicino.
I resti dell’antica Ostia
I resti dell’antica Ostia si inseriscono in un contesto geografico e territoriale molto diverso da quello antico: infatti in età romana il Tevere costeggiava il lato settentrionale dell’abitato, mentre ora ne tocca solo in minima parte un tratto del settore occidentale, essendo stato il suo letto trascinato a valle da una rovinosa e famosa alluvione, nel 1557; inoltre la linea di costa, in origine vicina alla città, risulta attualmente distante di circa 4 km, per l’avanzata della terraferma dovuta ai detriti lasciati dal fiume negli ultimi 2.000 anni.
Ostia era quindi una città sorta, con un suo porto fluviale, sul mare e sul fiume, e questa sua particolare posizione ne determinò l’importanza attraverso i secoli sotto il profilo strategico-militare e sotto quello economico. Un’antica tradizione ne attribuiva la fondazione al quarto re di Roma, Anco Marzio, intorno al 620 a.C., per lo sfruttamento delle saline alla foce del Tevere (da cui il nome Ostia, da ostium = imboccatura).
Comunque, i resti più antichi sono rappresentati da un fortilizio (castrum) in blocchi di tufo costruito dai coloni romani nella seconda metà del IV secolo a.C., con scopi esclusivamente militari, per il controllo della foce del Tevere e della costa laziale. Successivamente, soprattutto dopo il II secolo a.C., (quando Roma aveva ormai il predominio su tutto il Mediterraneo), cominciò a venir meno la funzione militare della città, destinata a diventare in poco tempo il principale emporio commerciale della capitale.
E’ aperto tutti i giorni tranne il lunedì, il 25 dicembre, il 1° gennaio e il 1° maggio. Orario: dall’ultima domenica di ottobre al 15 febbraio: 8.30-16.30; dal 16 febbraio al 15 marzo: 8.30-17.00; dal 16 marzo all’ultimo sabato di marzo: 8.30-17.30; dall’ultima domenica di marzo al 31 agosto: 8.30-19.15; dal 1 settembre al 30 settembre: 8.30-19.00; dal 1 ottobre all’ultima domenica di ottobre: 8.30-18.30.
Porto di Claudio
L’imperatore Claudio, nel 42 d.C., diede avvio alla costruzione di un grande porto marittimo (Porto di Claudio), posto 3 km. a Nord della foce del Tevere, terminato nel 64 d.C., sotto il principato di Nerone. Il nuovo porto si affiancava a quelli di Ostia e di Pozzuoli, che rappresentavano fin dagli inizi del II sec. a.C. il cardine dell’organizzazione portuale di Roma.
L’imponente infrastruttura assicurava un bacino tranquillo dove effettuare senza pericolo lo scarico delle merci dalle grandi navi onerarie che giungevano qui da tutto il Mediterraneo e il loro trasbordo sulle imbarcazioni fluviali (naves caudicariae) adatte alla risalita del Tevere fino a Roma.
Il bacino portuale, ampio all’incirca 150 ettari, fu scavato in parte nella terra ferma, in parte racchiuso verso mare da due moli curvilinei convergenti verso l’ingresso. Qui, su un’isola artificiale, sorgeva un gigantesco faro, simile al celebre faro di Alessandria d’Egitto, che segnalava ai naviganti l’ingresso del bacino. Almeno due canali artificiali (le fossae ricordate da un’iscrizione del 46 d.C.) assicuravano il collegamento tra il mare, il porto di Claudio e il Tevere.
Le fondazioni del molo destro (o settentrionale) sono ancor oggi visibili alle spalle del Museo delle Navi per un’estensione di circa un chilometro verso occidente. Mentre sulla banchina che delimitava il bacino portuale verso terra sono visitabili alcune delle strutture funzionali pertinenti al porto (la cd. Capitaneria, una cisterna e degli edifici termali) tutte realizzate, però, in un’epoca posteriore (II sec. d.C.) all’impianto di Claudio.
La scarsa sicurezza e l’insabbiamento progressivo cui il porto andava soggetto spinsero l’imperatore Traiano a costruire, appena 40 anni dopo (100 e il 112 d.C.), un nuovo bacino più interno (Porto di Traiano); il porto di Claudio continuò, comunque, ad essere utilizzato come riparo in rada.
Porto di Traiano
Dopo la costruzione del Porto di Claudio, inaugurato nel 64 d.C., le accresciute esigenze di rifornimento di Roma imposero la realizzazione di un nuovo bacino portuale costruito dall’Imperatore Traiano. Il nuovo porto di Traiano è di forma esagonale fu collegato con un nuovo canale al Tevere in modo da facilitare il trasferimento delle derrate a Roma.
La costa oggi dista circa 3 Km dall’impianto antico di Portus, che si trova stretto in mezzo alle infrastrutture dell’Aeroporto di Fiumicino, alla rete dei percorsi stradali e autostradali, all’avanzamento dell’urbanizzazione. In questo contesto, l’area archeologica costituisce un’oasi inattesa anche sotto il profilo naturalistico, grazie alla presenza di aree umide e ricca vegetazione.
L’estensione della città antica si può calcolare intorno ai 65 ettari per il periodo successivo alla costruzione del circuito murario, cioè per il V secolo. La zona in proprietà demaniale (32 ettari) comprende solo una parte della città antica di Portus essendo l’esagono e tutto il suburbio ancora in proprietà privata.
Roma: vedi anche
Necropoli di Porto, Isola sacra
Il complesso che attualmente consente la visione di oltre 200 edifici funerari conosciuto come l’area demaniale della necropoli di Porto, costituisce l’estremo limite meridionale dell’insediamento sepolcrale sviluppatosi ai lati della la via Flavia Severiana, a partire dalla fine del I secolo d.C, fino al IV secolo d.C.. Le dinamiche di occupazione del sito confermano l’importanza dell’asse viario sopraelevato verso cui convergono le tombe, che dapprima isolate, formano per addossamenti progressivi il primo fronte stradale. Seguono gli avanzamenti che inglobano la crepidine stradale e la costruzione di edifici lungo un secondo fronte arretrato di limitata estensione. L’ultimo episodio costruttivo occlude lo spazio residuo nel primo fronte che risulta edificato senza soluzione di continuità.
Le tombe architettoniche visibili nella necropoli presentano una tipologia omogenea: la cella, anche a due piani, è tendenzialmente quadrata, ad essa si addossa spesso un recinto contemporaneo o successivo. Le coperture erano a botte o a terrazza, con timpano triangolare in facciata, movimentata da plinti, lesene, colonne e capitelli che disegnano l’accurata cortina in mattoni su cui si aprono piccole finestre e porte inquadrate da soglie, stipiti ed architravi in travertino. Il valore rappresentativo della facciata è confermato dalle iscrizioni (in latino, più raramente in greco), poste al di sopra della porta entro cornici in pomice e mattoni.
Le iscrizioni riportano il nome del proprietario/a, le dimensioni della tomba, le disposizioni testamentarie e le norme d’uso del sepolcro, fornendo preziosi dati sulla composizione sociale della popolazione portuense composta in prevalenza da commercianti, liberti e piccoli imprenditori. Proprio a queste attività e quindi all’identità terrena del defunto (l’ostetrica che assiste al parto, il chirurgo in atto di operare, il fabbricante ed il rivenditore di ferramenta, il commerciante di grano, etc.), si riferiscono le scene di mestieri – espressione di una vitale arte “popolare” – rappresentati sui mattoni posti ai lati dell’iscrizione.
L’aspetto esterno della tomba non è determinato dal rito funerario prescelto, l’incinerazione o inumazione, che ne condiziona invece fortemente l’articolazione interna mediante la suddivisione in due registri della parete: in alto nicchie contenenti olle per incinerati, in basso arcosoli per inumati; i piani sottopavimentali sono riservati alle deposizioni ad inumazione (formae, disposte su più livelli).
Basilica di Sant’Ippolito e antiquarium
La Basilica di Sant’Ippolito fu riportata alla luce agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, presso il canale di Fiumicino (antica fossa Traiana) nell’Isola Sacra. Costruita tra la fine del IV e gli inizi del V secolo, è la Basilica paleocristiana più importante del suburbio portuense. Sorge su di un edificio termale d’età romana di cui restano degli ambienti e in particolare alcune cisterne per l’acqua.
La basilica a tre navate con abside, conserva tracce della cattedra episcopale e del battistero costruito in una fase successiva. Fu utilizzata durante il medioevo e venne abbandonata, con molta probabilità, nel secolo XV in seguito allo spopolamento della diocesi. All’interno della basilica sono stati rinvenuti resti di epigrafi e reperti scultorei di pregio che si conservano nel vicino Antiquarium, dove spicca, per importanza, il ciborio carolingio realizzato durante il pontificato di Leone III (795-816).
Museo della navi a Fiumicino
All’interno del Museo delle Navi di Fiumicino sono esposti i resti di cinque imbarcazioni (più frammenti di fiancata di altre due) databili dal II al V secolo d.C. I relitti furono riportati in luce tra il 1958 ed il 1965 in occasione dei lavori di costruzione dell’Aeroporto internazionale “Leonardo da Vinci”. Delle imbarcazioni si conservano soltanto le strutture del fondo che, ricoperte dai sedimenti marini, hanno resistito all’azione distruttrice dell’acqua, della flora e della fauna marine.
Le navi erano collocate all’interno del porto fatto costruire dall’imperatore Claudio nel I sec.d.C., in un’ area compresa tra il luogo di costruzione del museo e i resti del molo settentrionale del bacino portuale. In tale area, collocata in posizione marginale e soggetta ad insabbiamento, si trovava un vero e proprio “cimitero navale” dove venivano abbandonate le imbarcazioni troppo malridotte per prestare ancora servizio.
Delle cinque imbarcazioni meglio conservate, due (Fiumicino 1 e 2) sono identificabili con le naves caudicariae note dalle fonti antiche. Le caudicarie, sorta di grosse chiatte fluviali, erano impiegate per il trasporto delle merci dal porto marittimo ai porti fluviali di Roma. Queste chiatte, prive di vele, erano trainate mediante funi da uomini ( gli helciarii citati dalle fonti classiche) o da buoi che procedevano sulla riva del Tevere. Questo sistema di propulsione, chiamato alaggio, fu utilizzato fino alla fine del XIX secolo.
Anche Fiumicino 3 è un natante di tipo fluviale ma di dimensioni più piccole rispetto ai precedenti. Fiumicino 4, attrezzata in origine con una vela quadra, è invece un’imbarcazione adatta ad una navigazione marittima di cabotaggio oppure ad un’attività di pesca costiera. A quest’ultima attività era anche adibita la piccola “Barca del Pescatore” (Fiumicino 5) equipaggiata con un vivaio centrale per il trasporto del pesce. Il fondo dello scafo era, infatti, forato in corrispondenza del vivaio, in modo da permettere la circolazione interna dell’acqua e conservare così vivo il pescato.
All’interno del museo sono esposti anche numerosi oggetti legati alla vita e alle attrezzature di bordo nonché alle tipologie dei materiali che, trasportati via mare, giungevano al porto di Roma (anfore, marmi, ecc.).
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