Anche la cucina Roma ha influenza contadina. Nonostante ristoranti e locali di tutte le tendenze, stili ed etnie, la trattoria rimane una salda istituzione, uno dei templi in cui si preservano piatti tradizionali, come il baccalà, la cacio e pepe, le puntarelle in salsa di alici, la minestra d’arzilla, i carciofi alla giudia fritti, di influenza ebraica.
Impossibile fare un viaggio nel Lazio senza assaporare la vera pasta all’amatriciana (fettuccine o bucatini), senz’aglio né cipolla; la pasta e ceci; l’abbacchio, piccolo e tenero agnello da latte al forno; i rigatoni con la pajata (budellini di vitello) e la coda alla vaccinara.
Tradizionali del giovedì, gli gnocchi conditi con ragù di carne o con pomodoro e basilico. Anche il maiale ha un posto d’onore con la lonza, l’arista, e la classica porchetta. Per le verdure, è un trionfo, a cominciare da già citato carciofo detto “mammola”, cucinato secondo la storica ricetta del ghetto ebraico; dalla lattuga romana; dal peperone; dalle cipolle bianche e dolci di Marino, i piselli di Frosinone e i fagiolini del lago di Bracciano.
Roma: vedi anche
Importanti anche il contributo di aree come la Tuscia (Maremma laziale…), dove imperano le zuppe, con ceci e castagne, con fave e cicoria, e la mitica Acquacotta, l’antica zuppa del buttero.
E la fascia costiera tra Anzio e Formia, dove regna il pesce fresco del Tirreno. Buoni indirizzi sono: Da Giggetto al Portico d’Ottavia; Sora Lella; Convivio Troiani, Matricianella, Da Felice a Testaccio, La Pergola, a Roma; Cacciani, a Frascati; Sirio, a Formia; Bottega Sarra 1932, a Terracina (Latina); La Stiva, a San Felice Circeo; Da Checco al Calice d’Oro, a Rieti.
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