Uno dei musei principali di Madrid è il Museo del Prado. Esso forma, assieme ai vicini Centro de Arte Reina Sofia e al Museo Thyssen-Bornemisza, il Triangolo d’oro dell’arte di Madrid (Patrimonio UNESCO dal 2021). Allo stesso tempo, il Paseo del Prado, assieme al Parco del Buen Retiro e al Barrio de los Jeronimos che li contiene, è un paesaggio culturale patrimonio dell’umanità Unesco, che, nell’occasione di questo riconoscimento, è stato battezzato Paisaje de la Luz.
Il patrimonio del Prado conta più di 21.000 opere, fra pitture, disegni, stampe e sculture. Circa 1.300, prevalentemente pitture, sono attualmente in esposizione. Per evitare letteralmente un’overdose da arte, questo articolo è una proposta di visita attraverso dieci capolavori esposti, per cogliere l’essenza della collezione ed essere sicuri di non perdere le opere più significative. Potrai trovare su FullTravel anche alcuni consigli su come muoversi a Madrid a basso costo e come visitare la capitale spagnola in due giorni.
L’origine della collezione del Prado
L’edificio che ospita il Museo del Prado risale al 1785 ed era originariamente destinato alla collezione di storia naturale. Nel 1819, su iniziativa del re Ferdinando VII e della moglie Isabella di Braganza, venne trasformato in Museo di pittura e scultura. Il nucleo originario della raccolta era la ricca collezione di arte appartenente alla casa reale, all’epoca consistente in 1.510 opere.
La scelta di Ferdinando VII è in linea con quanto stava accadendo in altri stati nello stesso periodo (ad esempio in Francia con la creazione del Louvre): esporre al pubblico le collezioni reali significava condividere con il popolo, per fini di studio o semplicemente di diletto, un enorme patrimonio culturale. Nel caso specifico del Prado, la casa reale voleva anche dimostrare al mondo il valore degli artisti spagnoli, generalmente meno conosciuti di altri artisti europei.
Alcuni Maestri, come Velazquez, Tiziano, Rubens e Goya, sono presenti con un significativo numero di opere, dal momento che lavorarono direttamente con la corte spagnola. La collezione di opere di Goya del Prado, in particolare, è la più importante al mondo, per quantità e qualità. Le pitture di altri artisti, soprattutto italiani e fiamminghi, sono state collezionate dai membri della famiglia reale nel corso dei secoli. Un caso a parte è invece El Greco, che, nonostante non fosse stato particolarmente patrocinato dalla corte, è giustamente presente con un numero significativo di opere, data la sua rilevanza nel panorama culturale spagnolo.
Museo del Prado opere
L’Annunciazione era la scena centrale di una pala d’altare del Convento di San Domenico a Fiesole, dove Fra Angelico serviva come frate e per il quale il pittore aveva realizzato anche altre opere.
Il quadro è diviso in due parti: sulla sinistra c’è la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre, mentre sulla destra l’angelo dà la buona novella a Maria che, contemporaneamente, è colpita dalla luce divina. La narrazione rappresenta il passaggio dal peccato alla redenzione, con Adamo ed Eva destinati all’eterna dannazione, cui l’unica via di salvezza è la nascita di Cristo, resa possibile da Maria. I due momenti sono ben distinti grazie anche all’ambientazione molto diversa. Il giardino dell’Eden è rigoglioso e dipinto con grande dettaglio. In esso spiccano una palma e le rose rosse, simboli rispettivamente del martirio e della Passione. Maria è invece inserita in uno spazio architettonico, un portico rinascimentale che è anche l’elemento prospettico della composizione.
I tre pannelli esposti al Prado fanno parte di un ciclo di quattro pitture commissionate a Botticelli come dono di nozze per i coniugi fiorentini Giannozzo Pucci e Lucrezia Bini. La storia di Nastagio degli Onesti è raccontata nel Decamerone di Boccaccio e fu scelta per caratterizzare un dono nuziale perché è una storia d’amore a lieto fine. Nastagio, infatti, è rifiutato dalla donna di cui è innamorato e per questo scappa nella foresta fuori Ravenna dove assiste alla pena infernale inflitta a un’altra donna che aveva rifiutato l’innamorato. Poiché questa scena cruenta si ripete ogni venerdì, Nastagio decide di invitare a cena nella foresta la donna che l’aveva rifiutato e la sua famiglia. Quando gli invitati vedono davanti ai loro occhi la donna che viene inseguita e dilaniata da cani feroci, la ragazza che aveva rifiutato Nastagio cambia idea e acconsente al matrimonio. Il pannello mancante, conservato in una collezione privata, raffigura il banchetto nuziale della coppia.
Quest’opera è attribuita a Botticelli, ma gli studiosi concordano sul fatto che il Maestro abbia progettato la narrativa del ciclo e dipinto alcuni dei personaggi, ma si sia avvalso della collaborazione di altri due artisti per l’esecuzione complessiva.
Questo quadro era stato commissionato da Alfonso d’Este, duca di Ferrara, per il suo Camerino d’Alabastro, un ambiente privato che egli volle decorato con scene mitologiche. Per le pitture del Camerino, Alfonso d’Este coinvolse i migliori pittori dell’epoca: Tiziano, Giovanni Bellini, Dosso Dossi, Michelangelo (che non consegnò il lavoro) e Raffaello e Fra Bartolomeo, che morirono prima di completare le loro opere, lasciando solamente dei disegni. Tiziano, che già aveva dipinto per questo stesso ambiente Bacco e Arianna (conservato alla National Gallery di Londra) e Il baccanale degli Andrii (esposto al Prado), dovette sviluppare quest’opera partendo dai disegni di Fra Bartolomeo.
Il soggetto e la fonte furono scelti direttamente da Alfonso d’Este e si ispirano a una celebrazione annuale durante la quale si portavano doni ai simulacri di Venere. Rispetto al disegno di Fra Bartolomeo, Tiziano stravolge la composizione, ponendo la statua di Venere all’estremità destra del quadro e dedicando tutto lo spazio centrale alla folla di amorini che giocano, raccolgono pesche e si abbracciano.
Dal Camerino di Alabastro, oltre alle due opere di Tiziano, è possibile ammirare al Prado anche L’arrivo dei Troiani alle Isole Strofadi di Dosso Dossi.
Venere e Adone era un soggetto assai popolare, il cui successo era dovuto principalmente alla nudità di Venere. In particolare Tiziano, scegliendo in maniera inconsueta di dipingere la dea con i glutei schiacciati per la posizione seduta, aggiunge un’ulteriore carica erotica all’immagine.
Tiziano dipinse circa trenta versioni di Venere e Adone. Quella conservata al Prado è la più antica di quelle sopravvissute. Essa fu commissionata da Filippo II e a lui consegnata a Londra nel 1554. Dalla corrispondenza fra il pittore e il sovrano scopriamo che Tiziano intendeva che questo dipinto si esponesse a fianco a Danae, in cui Venere nuda appariva di fronte. In questo modo, l’artista voleva dimostrare come la pittura, come la scultura, sia in grado di esplorare diversi punti di vista.
Il mito raffigurato non corrisponde esattamente alla versione di Ovidio. Così, come in altre opere, Tiziano fa un eccezionale lavoro intellettuale di integrazione e adattamento delle fonti classiche.
L’opera rappresenta il noto episodio biblico del giovane Davide che sconfigge il gigante Golia colpendolo prima con una pietra lanciata con una fionda e poi decapitandolo. Caravaggio era il maestro della luce e dei chiaroscuri e quest’opera è una prova di questa sua notevole abilità. La luce cattura il gesto fisico della lotta, illuminando il braccio muscoloso e la gamba dell’eroe e le spalle di Golia, in procinto di essere decapitato. Il gesto di tirare i capelli per mostrare il viso di Golia non è attestato nella Bibbia, ma è stato introdotto dal pittore per fini narrativi.
Madrid: vedi anche
Questo quadro è considerato l’ultima opera di El Greco. Egli la dipinse affinché fosse posta sopra la sua tomba nel convento di Santo Domingo El Antiguo a Toledo. Perciò fra i pastori appaiono anche l’autoritratto del pittore e il figlio Jorge Manuel.
Il soggetto scelto era considerato una metafora di resurrezione ed eternità. Le forme delle figure sono distorte, caratteristica comune delle opere tarde di El Greco. I contrasti fra luce e ombre sono particolarmente enfatizzati per aumentare il senso di drammaticità. La fonte principale di luce è Gesù Bambino, con ovvi significati simbolici.
El Greco, a causa del suo stile tormentato e fortemente influenzato dai temi religiosi, è stato apprezzato solo molto tempo dopo la sua morte. Viene considerato a buon diritto un precursore dell’espressionismo.
Il Museo del Prado possiede circa novanta pitture di Rubens. L’artista era infatti molto apprezzato dal re Filippo IV che gli commissionò numerosi lavori per abbellire le residenze reali madrilene.
Il celebre quadro delle Tre Grazie, però, rimase di proprietà dell’artista e solo dopo la sua morte fu acquistato dal sovrano. Il mito vuole che le Grazie facessero parte della cerchia di Afrodite e rappresentassero i valori dell’amore, della bellezza e della sensualità. Per questo probabilmente Rubens dipinse l’opera per uso personale, per celebrare le gioie della sua nuova vita dopo il secondo matrimonio.
Velazquez fu il ritrattista della corte di Spagna per quasi quarant’anni, sotto Filippo IV. Las Meninas rappresenta il culmine di questa sua carriera, sia dal punto di vista tecnico che concettuale.
La scena è ambientata in una stanza dell’Alcazar e rappresenta l’infanta Margherita circondata dal suo entourage di dame di compagnia e servitori. In posizione defilata compare Velazquez, intento a dipingere. Lo specchio, invece, riflette l’immagine dei genitori di Margherita, Filippo IV e Marianna d’Austria.
La complessità della composizione la rende particolarmente enigmatica. L’interpretazione più accreditata è che Velazquez abbia voluto rappresentare, attraverso il genere che lo ha reso famoso (il ritratto), il suo status professionale. I pittori, infatti, erano considerati in Spagna più come artigiani che come artisti, ma Velazquez era riuscito a guadagnarsi un ruolo di rilievo a corte, diventando anche curatore della collezione reale di pittura. Perciò egli si raffigura simbolicamente, nell’unico autoritratto conosciuto, all’interno dell’Alcazar, circondato dalla famiglia reale, dimostrando il punto di arrivo della sua carriera.
L’uso dell’immagine riflessa nello specchio non è nuova al pittore, basti pensare al volto della celebre Venere Rokeby. Ma in questo caso potrebbe esserci anche un riferimento a un tema di grande attualità in quel periodo, cioè quello dell’illusione, portato all’attenzione del pubblico dal Don Chisciotte di Cervantes.
La storia di questi due quadri, generalmente esposti l’uno accanto all’altro, è abbastanza controversa. Entrambi erano di proprietà di Manuel de Godoy, segretario di stato spagnolo alla fine del XVIII secolo. La Maja desnuda è attestata in un inventario del 1800 ed era conservata in una stanza privata della residenza di de Godoy insieme ad altre pitture di nudi, fra cui la celebre Venere Rokeby di Velazquez, oggi esposta alla National Gallery di Londra.
La Maja vestida è stata dipinta qualche anno dopo, forse per rimediare a un’inchiesta dell’Inquisizione che, scoperta la versione discinta, mise de Godoy e Goya sotto processo. Fortunatamente non ci furono gravi conseguenze, dato che in quel periodo il tribunale dell’Inquisizione aveva sostanzialmente perso il proprio potere. I quadri vennero confiscati e Goya si salvò dicendo di essersi ispirato ai nudi mitologici di Tiziano e alla Venere Rokeby.
In realtà, la Maja non è un personaggio mitologico, ma un personaggio del popolo, come dimostrano anche i vestiti semplici della seconda versione. Probabilmente si tratta del ritratto di una favorita di Manuel de Godov.
Il celebre quadro di Goya, noto anche come Il 3 maggio 1808, è un quadro che ha cambiato la percezione della guerra nell’arte. Esso raffigura l’esecuzione di alcuni personaggi del popolo che avevano aderito alla resistenza spagnola contro le truppe napoleoniche. Spicca perciò la contrapposizione fra il plotone di esecuzione, allineato con ordine, di cui non vediamo i volti, e la massa disordinata delle vittime. A sinistra giacciono i corpi che hanno già subito l’esecuzione (uno di loro mostra anche il segno del colpo di grazia sulle fronte). Al centro, invece, ci sono quelli che stanno per essere fucilati, fra cui spicca il personaggio con la braccia spalancate, in segno di resa. Infine, sulla destra, un’altra massa indistinta di persone attende il suo turno per essere giustiziata.
In passato la guerra era stata rappresentata sempre con un’aura epica. Pur non mancando le raffigurazioni cruente delle vittime, gli artisti tendevano ad usare sempre lo stile della grande pittura storica. Nella fucilazione di Goya, invece, non c’è nulla di eroico e glorioso. Le vittime sono persone comuni, c’è un’atmosfera di pura disperazione e la fucilazione è un’azione meccanica e ripetitiva.
Quest’opera di Goya, per la sua modalità narrativa innovativa, ha influenzato alcune pitture successive, su tutte l’Esecuzione dell’imperatore Massimiliano di Manet e Guernica e il Massacro in Corea di Picasso.
Orari Museo del Prado
- Orari di apertura regolari:
Da lunedì a sabato – dalle 10:00 alle 20:00
Domenica e festivi – dalle 10:00 alle 19:00
Nota: Il Museo del Prado è chiuso il 1 gennaio, il 1 maggio e il 25 dicembre. - Orari di apertura limitati: Il 6 gennaio, il 24 dicembre e il 31 dicembre, il Museo del Prado sarà aperto dalle 10 alle 14
- Accesso gratuito: i visitatori possono godere dell’accesso gratuito al Museo del Prado in questi giorni:
Dal lunedì al sabato – dalle 18:00 alle 20:00
Domenica e festivi – dalle 17:00 alle 19:00
Accesso al museo fino a 45 minuti dall’ora di chiusura.
Biglietti Museo del Prado
Commenta per primo