Per la nuova sede dell’Ateneo viene incaricato l’architetto Giulio Cesare Fontana che avvia la ristrutturazione della vecchia cavallerizza fuori la porta di S. Maria di Costantinopoli: il Palazzo degli Studi, a lavori non ancora ultimati, viene inaugurato il 14 giugno 1615.
Carlo di Borbone, una volta asceso al trono di Napoli, ordina la ripresa dei lavori del Palazzo degli Studi; le misure adottate negli anni seguenti mirano a restituire al complesso universitario decoro e funzionalità fino al suo definitivo trasferimento, nel 1777, all’interno del soppresso Collegio Massimo dei Gesuiti al Salvatore.
La soppressione degli ordini religiosi, decretata dal governo di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat, con la relativa requisizione di tutti i beni culturali, pone le premesse per l’attivazione di un centro librario fruibile da un’utenza di livello universitario.
Nel quadro della ripartizione dei fondi monastici, Giuseppe Capecelatro, ministro degli Interni, sottoscrive il 27 settembre 1808 la disposizione secondo la quale la Regia Università degli Studi può beneficiare dei libri già appartenuti ai monasteri soppressi e destinati al Collegio Reale istituito al Salvatore.
Tra il 1808 e il 1810 il Prefetto della Biblioteca, il fisico e naturalista Giuseppe Antonio Ruffa, incamera i libri provenienti dai monasteri di S. Lorenzo, di S. Maria degli Angeli, di S. Pietro Martire, della Sanità, dei SS. Apostoli, di S. Brigida, di S. Domenico Maggiore.
Purtroppo l’erogazione dei finanziamenti e dei materiali, accatastati senz’ordine e senza alcuna inventariazione, e quindi di fatto inconsultabili, viene interrotta a favore del nuovo progetto murattiano che prevede, nell’antico monastero di Monte Oliveto, la fondazione di una Biblioteca Municipale, intitolata al sovrano francese, per la quale si acquistano, nel 1812, le raccolte del marchese Francesco Taccone e di Francesco Orlando, insigni bibliofili.
La restaurazione dei Borbone, nel 1815, segna il definitivo tramonto della Biblioteca Gioacchina e, al contrario, il rilancio di quella dei Regi Studi a cui viene destinato il grande salone al primo piano del Collegio al Salvatore e, inizialmente, tutto il patrimonio librario accumulato nella Gioacchina.
Nel 1819, però, un editto reale obbliga la Biblioteca degli Studi a consegnare alla Reale tutti i libri di maggior pregio bibliografico. L’Ateneo, nel 1822, procede alla nomina del suo nuovo responsabile designando il matematico Vincenzo Flauti a cui spetta il compito di impiantare una struttura “moderna” ed efficiente: si ordinano i materiali nelle scaffalature trasportate da Monte Oliveto, si avvia la stampa del catalogo per autori, si formula una idonea regolamentazione esemplata su quella della Reale. Nel gennaio del 1827 la Biblioteca viene aperta al pubblico.
Il rettore Michele Tenore, botanico di fama internazionale, in occasione dei lavori del VII Congresso degli Scienziati, nel 1845, dota la Biblioteca di un fondo speciale per l’associazione a giornali e periodici scientifici italiani e stranieri, aggiornando, così, il suo patrimonio bibliografico.
All’indomani dell’Unità, l’Universitaria entra nel novero delle governative di prima classe e alla carica di direttore si succedono famosi bibliotecari e studiosi: Carlo Neri (1861), Tommaso Gar (1863), Giulio Minervini (1867-1886). Sono gli anni in cui la Biblioteca dell’Ateneo assume una particolare fisionomia culturale registrando un notevole incremento sia per l’acquisizione di fondi librari delle corporazioni religiose soppresse nel 1861, sia per spontanee donazioni di docenti, ma soprattutto per un progressivo aumento della dotazione finanziaria che consente l’acquisto di importanti collezioni.
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La Biblioteca si arricchisce delle raccolte di Filippo e Carlo Cassola (chimica), di Francesco Briganti (scienze naturali), di Paolo Panceri (zoologia e anatomia comparata), di Oronzo Gabriele Costa (paleontologia), di Celestino Cavedani (filologia e archeologia); rilevanti pure: la collezione dantesca donata, nel 1872, da Alfonso della Valle di Casanova, ricca di antiche e pregevoli edizioni; la libreria di Vittorio Imbriani, di prevalente interesse letterario e linguistico, donata dalla moglie Gigia Rosnati nel 1891; la cospicua raccolta di opere e opuscoli a carattere giuridico e letterario offerta, negli ultimi dell’Ottocento, da Domenico Viti e Domenico De Pilla.
Alla direzione del matematico Dino Padelletti (1887), a cui si deve il riordino dei periodici, degli incunaboli e delle aldine, con la compilazione di cataloghi speciali, succedono quella di Alessandro Moroni (1888-1895) con il quale collabora Salvatore Di Giacomo, Giuseppe Fumagalli (1895-1897), Emidio Martini (fino al 1900) ed ancora Alfonso Miola, Mariano Fava, Gaetano Burgada, Giuseppe d’Elia e Giovanni Bresciano fino al 1933. Nei primi anni del Novecento vengono catalogate le donazioni Padelletti, Battaglini (matematica) e Aievoli (medicina) che rafforzano quell’identità scientifica conferita alla Biblioteca fin dalla direzione del Flauti.
Restaurata dopo il terremoto del 1930 la Biblioteca subisce, nell’ultimo conflitto, seri danneggiamenti e la perdita di pregevoli cinquecentine, bodoniane e volumi del fondo Casanova ricoverate nel Convento dei Frati Minori di S. Francesco a Minturno. In seguito al terremoto del 1980 numerosi interventi di restauro e di consolidamento hanno consentito il potenziamento delle attrezzature e un notevole rinnovamento dei servizi e delle strutture.
Ma i compiti istituzionali di tutela e di conservazione non esauriscono l’attività della Biblioteca che, profondamente radicata nel tessuto della città, eroga un servizio culturale attraverso la costante modernizzazione della sua organizzazione in grado di rispondere positivamente ad una domanda sempre più numerosa e diversificata.