
In questo periodo mi è capitato di osservare il profilare di siti che vendono contenuti. Non nascondo che il termine “vendita” lo trovo cacofonico abbinato a “contenuti” poichè ho sempre pensato alla “realizzazione” o alla “stesura” di un testo.
Mi sono dilettata a capire il meccanismo, peraltro semplice, della “vendita di contenuti” da parte dei marketplace. Non so a voi, ma a me il solo pensiero che un contenuto possa essere scelto come la frutta al supermercato, mi fa venire l’orticaria.
Tanto più se si parla di viaggi, un settore che merita considerazione e i contenuti, come la destinazione, devono ammaliare chi legge. Eppure, non contenti dei marketplace in giro incominciano a spuntare siti che spudoratamente dichiarano di fornire testi di qualità.
Come in un supermercato, anche in questo caso, è possibile scegliere l’articolo da posizionare sul proprio sito. Un po’ come succede con i template dei siti ma qui siamo di fronte a qualcosa di peggio. Come può un contenuto realizzato per un destinatario sconosciuto (si conosce l’argomento, esempio, viaggi ma non l’utente) poter raccontare qualcosa?
Come nel rispetto delle semplici regole della comunicazione, manca il “destinatario” il che non è proprio un dettaglio. E se pure lo fosse, mia madre mi ha sempre detto che dalle “rifiniture si apprezza la maestria”.
Realizzare contenuti per terzi è un lavoro che non può prescindere dal conoscere l’utenza tanto più se si tratta di un sito di viaggi. Ci sono agenzie che realizzano articoli di qualità (riconosciuti dall’utente e non da un dominio), con testi realizzati da professionisti, che forse non hanno il prezzo del mercato dei “supermarket” ma che prima di realizzare la stesura si preoccupano di interfacciarsi più volte con il cliente e di conoscere l’utenza a cui è destinata, che non è un motore di ricerca.
La verità è che proprio da quando Google ha deciso, giustamente, di spazzare dalle SERP siti privi di contenuto (Google Panda), i manipolatori delle ricerche (da non confondere con i SEO) hanno pensato di aprire il supermercato dei contenuti che alcuni (non a torto) chiamano “content discount”.
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